Brandade de morue

Una lettera di Charles Monselet

A M. Jean Aicard, à Paris. 20 marzo 1875

Amato confratello,
avete celebrato la bouillabaisse nei vostri eclatanti Poèmes de Provence ma vi siete dimenticato della brandade.

La brandade, troun de l’air! La brandade de morue, l’ambrosia marsigliese!

Già a pronunciare il suo nome, i flaneurs de la Cannebière provano un fremito, un trasalimento, un pizzicorio.Permettetemi, nella mia umile prosa, di provare a porre rimedio a questa omissione, e d’iniziare qualcuno dei miei lettori alle dolcezze penetranti della brandade. E’ questo d’altra parte il momento di gustarla, ora o mai più. Siamo alle soglie della settimana santa, e i nostri mercati rigurgitano di un’enorme quantità di pezzi di baccalà, spessi e profumati, alla salute!

RICETTA

Tutto dipende dal punto di partenza, ossia di come e quanto vi dobbiate mostrare esigenti nella scelta del vostro baccalà; ovvero evitate quelli di vecchia salagione. Mettetelo a mollo in acqua per ventiquattro ore o più, se è il caso, finché sia completamente dissalato e morbido. Si aggiunge qualche volta del latte all’acqua, per dissalarlo più rapidamente. Mettetelo poi in una pentola con molta acqua, ponetela al fuoco, ma ritiratela al primo bollore. Privatelo accuratamente di lische e spine; scolatelo e riducetelo a sfoglie molto piccole.

Terminata questa prima operazione, mettete in una casseruola dell’eccellente olio d’oliva, ma che sia veramente eccellente, e due spicchi d’aglio sbucciato. Ponetelo su fiamma regolare e cominciate a lavorarlo, e a frantumarlo con il cucchiaio. Di tanto in tanto, a misura di quanto si ispessisce, aggiungete dell’olio e continuate a girare. Il movimento che si imprime alla casseruola in questa circostanza è un movimento tutto particolare, che richiede una sorta di applicazione e parecchia destrezza.

Sicuramente il nome brandade viene dal verbo brandir, brandire, che significa agitare, battere con forza. Dunque, agitate e battete con forza il baccalà finché incorpori perfettamente l’olio, e diventi una pasta ben liscia. A quel momento, aggiungete il succo di limone e del pepe macinato. Poi, servitelo. Come vedete, è una ricetta assai semplice: ma esige una coscienza, una pazienza, un’attenzione continua. Onore ai cuochi marsigliesi che devono piegare la loro petulanza alla preparazione della brandade.

La brandade accetta volentieri la compagnia del tartufo. Si fanno anche brandade verdi, spremendovi dentro una certa quantità di succo di spinaci. A Parigi, dove la brandade tende a farsi cittadina, qualche scienziato aggiunge all’olio della doppia crema. È andare contro la tradizione provenzale e inclinarsi verso la bechamel. Non le sembra, mio caro Jean Aicard?

Contributo dello scelloso confratello Claudio Novelli.